E' difficile pensare che Alina non sia più in palestra ad
allenarsi. A contagiare con la sua energia i compagni della
sua classe.
Anche perché è passato pochissimo tempo da quella mattina di
settembre quando l'abbiamo conosciuta per la prima volta.
Voleva a tutti i costi superare le selezioni per il Corso
Professionale. Lo voleva proprio e si vedeva. Come tutti i
candidati aveva due minuti di tempo per presentare se stessa
in scena. Due minuti che sono letteralmente volati grazie
alla sua capacità di catturare su di sé lo sguardo del
pubblico, in quel caso della commissione. Aveva proposto una
performance al devil stick. E aveva fatto centro: tempismo
perfetto, la giusta energia, il magnetismo dello sguardo.
"La prendiamo assolutamente" fu il commento del
Direttore e così fu.
Quando glielo comunicammo l'entusiasmo fu incontenibile. E'
con quell'entusiasmo negli occhi che vogliamo ricordarla.
Per chi non ha avuto la fortuna di conoscerla, lasciamo alle
parole della mamma Gitta il difficile compito di raccontare
la vita di questa artista che ha saputo dare così tanto, in
così poco tempo, a tutti noi della Scuola di Cirko Vertigo.
Da piccola, intorno ai 3 anni, Alina era come una palla rimbalzante. Curiosa, piena di vita e fantasia: non stava mai ferma.
Mi vengono in mente tanti episodi di tutto quello che combinava.
Mi ricordo che una sera uscimmo insieme al papà, che doveva recarsi in Questura a consegnare le schede di notifica degli alloggiati nel nostro albergo. Lei voleva sapere tutto: perché? Aldo rispondeva che se c’erano persone cattive i poliziotti dovevano saperlo per metterle in prigione. Al che lei con un atteggiamento da “Rambo” esclamava: spacco la faccia ai cattivi.
Un’altra volta in campagna, al ristorante di un’amica, era il mese di febbraio e pioveva. Come al solito Alina scappava in giro senza cappotto. Dopo 5 minuti rientrava sorridente con la testa completamente bagnata, con i capelli gocciolanti esclamava: ho trovato una cascata. Ho lavato le mani e la testa. Si trattava di una grondaia.
Aveva circa 4 anni quando nacque la sorellina Arianna. L’aveva aspettata con grande entusiasmo ed impazienza. Ma si calmò presto perché quella bambina dormiva o mangiava o piangeva. Insomma non ci si poteva proprio giocare insieme.
La sua passione per i tatuaggi incominciò a manifestarsi allora. Arianna aveva circa 8 mesi ed un giorno le dipinse tutta la faccia.
A 7 anni, con la sorella di 3, creò il suo primo spettacolo circense. Era il duo “Sorelle Majorka”.
Era una estate, in Germania a casa della nonna Helga. Nel giardino di casa fecero una esibizione con capriole, salti e rondate. Alina già da 3 anni faceva ginnastica artistica alla Virtus e quindi ci riusciva bene. Arianna rotolava soltanto sull’erba. Alla fine dello spettacolo fecero un grande inchino in attesa del meritato applauso.
Crescendo iniziò la pratica dello sci e ben presto divenne il numero uno della sua categoria.
La sua camera alla fine conteneva circa un centinaio di coppe. Verso i 14-15 anni smise con lo sci e continuò con l’atletica con l’Avis. Per fortuna in questo sport non danno coppe ma medaglie e quindi aveva ancora spazio nella sua cameretta.
Quando finite le medie scelse di fare il classico giustificò la sua scelta dicendo che lì facevano molti giorni di sciopero.
Durante gli anni dell’adolescenza, così come per altri ragazzi, iniziano i primi sintomi di insofferenza. Macerata le andava stretta. La mancanza di validi svaghi la portava a cercare in giro…
E’ da dire subito che lei non era una ragazza come le altre: aveva sempre una marcia in più. Cercava vie alternative, interessi quasi intellettuali, il gusto su come vestirsi fuori della norma
E’ stata in questa fase che lei ha iniziato ad avvertire i primi sintomi di disagio. I suoi rapporti con me cominciavano ad allentarsi. Non comunicava più tutti i suoi pensieri. Iniziava a frequentare i centri sociali. Ascoltava musica molto alternativa. Si sentiva ribelle contro questo mondo piatto, consumistico, superficiale e falso che la circondava.
Stava entrando nel labirinto del “male oscuro” senza rendersi conto esattamente di cosa soffriva.
Cercando rimedio arrivava a diversi metodi per stare meglio, non tutti efficaci e qualcuno neanche buono.
Dopo la maturità classica voleva fare la contadina.
In settembre si recò una settimana in Toscana a S. Gimignano a vendemmiare. Resistette una sola settimana.
Ad ottobre si iscrisse a Scienze della Comunicazione a Roma. Non ne era soddisfatta. Le prime settimane le passò a conoscere i luoghi più disparati dove si tenevano le lezioni. Alloggiava con altri 5-6 studenti universitari. Un caos. Come tutta la città.
Il secondo anno si trasferì all’Università di Macerata dove però non diede nemmeno un esame.
Iniziò a viaggiare: Olanda, Spagna, infine Germania. Si stabilì a Berlino.
La città le piacque e vi si trovò molto bene con tutta la diversità e la grande offerta alternativa culturale.
Quando aveva deciso di entrare nell’Università tedesca il palazzo ove abitava andò a fuoco e si ritrovò senza nulla. Rientrò quindi a casa. Nel frattempo Arianna aveva fatto la maturità ed aveva superato il test per l’ammissione al Politecnico di Milano, facoltà di Design, e quindi decisero di andare entrambe a vivere in questa città.
Si iscrisse a Scienze Politiche. Forse più per accontentare il padre che se stessa. Cercò di dare tutti gli esami ma capì che non era quella la sua strada.
Durante l’inverno venuta a conoscenza di una scuola teatrale circense che faceva corsi serali vi si iscrisse e iniziò, parallelamente all’Università, a frequentare le lezioni due volte la settimana.
Aveva scoperto un nuovo mondo con il quale con il suo temperamento e le sue doti atletiche si identificava.
Già a Berlino si era accostata ad artisti di strada ed aveva iniziato a lavorare con loro.
All’inizio dell’anno scolastico 2009-2010 ci comunicava che aveva deciso di iscriversi alla Scuola di Circo ”Vertigo” di Torino.
Superata brillantemente l’ammissione, affatto facile, ad ottobre si trasferiva a Torino andando a vivere con due care ragazze: Silvia e Donna.
Era felice di aver trovato finalmente la sua strada.
Era entusiasta della scuola, dei suoi insegnanti, dei compagni di corso: un gruppo internazionale del quale era stata scelta come rappresentante di classe.
Era anche entusiasta di Torino: la preferiva a Milano. Dove invece era rimasta Arianna che nel frattempo iniziava a frequentare il 3° anno al Politecnico.
La programmazione della scuola prevedeva stage in Europa e durante le vacanze estive, anche in un ambiente sociale diversi
Era felice di aver trovato finalmente la sua strada. Era entusiasta della scuola, dei suoi insegnanti, dei compagni di corso.
Con una sua compagna di corso spagnola aveva deciso la prossima estate di andare a Nairobi per uno stage ed insegnare l’arte acrobatica ai ragazzi di strada, tramite una organizzazione onlus italiana.
L’Africa era da tanti anni nei suoi sogni: una meta che era uno dei suoi grandi desideri.
Oggi tutta la sua classe, con il direttore della Vertigo, sono venuti con un pullman da Torino per questa commemorazione insieme con tanti altri suoi amici: delle Marche e Lombardia.
Dal Libraccio di Milano, la libreria dove lavorava in estate, Massimo Pirotta ed i suoi compagni hanno fatto pervenire quel cuscino di fiori che vedete alla base della colonna che regge l’urna con le ceneri di Alina.
Massimo è anche giornalista e sulla rivista “il Mucchio Selvaggio” di Milano, aveva pubblicato un
articolo di Alina.
In poco tempo Alina aveva conquistato tanti amici che la consideravano e ammiravano. Da una amica era stata denominata la “donna d’acciaio”.
Da tutti era considerata bella, solare ma a nessuno lasciava capire la sua sofferenza interiore.
Questo “male oscuro” come un grande buco nero attorno al quale girava come in un vortice che a volte la risucchiava. Ma era riuscita sempre a riemergere.
Le mascherava bene il suo malessere. Inoltre non chiedeva aiuto e non si lasciava avvicinare per non fare entrare altri nel suo mondo intimo.
Sua sorella Arianna con la quale aveva vissuto 2 anni a Milano conosceva i suoi alti e bassi. Cercava di esserle vicina nei momenti negativi aspettando il ritorno alla superficie, nel mondo positivo.
Una settimana fa il vortice l’ha risucchiata nel buco nero sino in fondo.
La sua tragica decisione maturata chissà da quanto tempo, durante un percorso di vita per lei non più accettabile.
La sua ultima frase scritta prima di uscire di casa, nella sua agenda, lasciata nel suo zainetto, a casa della sorella: Esco di scena con un salto mortale.
Era arrivata a Milano la sera prima, da Torino. Aveva scelto il vecchio gasometro alla Bovisa per il suo tragico gesto.
Era rimasta affascinata da questa costruzione fatta di tubi, alta 30 metri, che aveva visto là vicino all’Università della sorella.
Per entrare nell’area dimessa, ma recintata e vigilata, aveva dovuto scavalcare una alta rete metallica. Era salita lassù in cima e credo che veramente abbia voluto fare il suo ultimo esercizio ginnico: un tragico salto mortale.
Alina era una ragazza speciale. Aveva grandissime doti in tanti campi. Tutti la ricordano con una parola: solare.
Ho accettato subito anche se con dolore la tua decisione perché valutata e maturata da tempo.
Io sarò sempre con te ma ci manchi così tanto!
Rimarrai nella nostra mente e nei nostri cuori per tutta la vita.
Da ora sono due le stelle della Vertigo e una brillerà più
intensamente
Ciao Alina
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